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2010 settembre 13

Cosa siamo?

Un tempo, un ritmo di sonagli bizzarri da plasmare tra le dita, una sinfonia di sincopi che scalcia a ridosso del petto. Siamo una serie, forse, di addizioni successive, una cantilena, una filastrocca infinita in cui ridere cantando. Vittoria. Lotta. Yotta. Yotta elevata a potenza. E così sia.

Cosa siamo, insieme?

Corpi. Estranei. Unioni.

Siamo ferite a cui manca il metallo, cicatrici a cui manca il coltello. Siamo una danza di lame e ricami, una coreografia che fa battere il sangue dai piedi al cervello. Succhiando forza alla terra per sputarla nell’aria con voce di fuoco, pretendendo dal cielo una pioggia di orgasmi.

Fertili. Fecondi.

Profani.

La tua è ogni volta un’intrusione, una piccola rapina, un innesto gentile e violento, che mi spinge oltre – veloce, magico, schiocco – quando sono con te e che forza la mia mano quando sono sola. A ricalcare quel pezzo, quella calamita che ci congiunge, che si fa sentire piena e poi reclama il suo posto vuoto, in assenza.

È un’energia potente, un’energia di colla che fonde le ossa al midollo, le anime ai corpi, trasformando d’incanto il due in uno.

È un’energia che morde e libera e affonda le sue fauci audaci.

Poi resta a vibrare nell’aria come un odore, l’odore di una nostalgia intrepida che annuncia il tuo arrivo e la premonizione – incombente, incessante – di un sorriso che si allarga, di una coppia di gambe che si spalanca, di una bocca che si slabbra. Urla, geme. Gode. Di un cuore dilatato, in cui possiamo stare vicini. Andare. Venire. Ogni volta che vogliamo, nella casa caleidoscopio dove cambiamo il mondo.

Frangenti. Frammenti. Segmenti. Scatti.

I contorni si sfumano nello stupore di amnesie successive. Di un incontro inventato, preparato sul momento da respiri caldi di sole che impastano carni fresche.

Mi guardi ancora – mi guardi sempre – come la prima volta. Con gli occhi che stillano miele e mi si appiccicano addosso, rotolando bianchi e lisci di burro e sperma.

Scoprimi. Nuda.

Semplifichiamoci, arriviamo all’essenza.

Cosa siamo?

Noi. Due.

Siamo il comune denominatore chiamato sciocco, estremo, allegro, amore.

Siamo l’unione elementare. Siamo un gioco da bambini, un calcolo senza pensieri, un accoppiamento facile.

Siamo la forma più semplice della felicità.

Ti amo.


Altri pensieri:

  1. inachis_io permalink
    settembre 14, 2010

    “La forma più semplice della felicità” è una definizione splendida e fulminante. Quando arriva, alla fine di un testo così appassionante e ritmato è come un orgasmo, un getto, un grido.
    Grazie

    Marco

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  2. settembre 14, 2010

    Grazie a te! E’ bello sentire le tue parole, è un testo a cui tengo molto, dedicato ai splendidi due anni di vita con un uomo che amo con tutta me stessa :)
    So*

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  3. settembre 16, 2010

    il tuo è un amore davvero grande e forte!!!
    bello.
    piace anche a chi ti ha trovata cercando sesso e sesso e sesso….
    ksss

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  4. Taglia permalink
    settembre 16, 2010

    Piace molto anche a me la conclusione del tuo post :) la forma più semplice e talvolta anche quella più complessa, di sicuro la forma più piena (nel senso di completa) di felicità. Evviva il 2 allora

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  5. settembre 18, 2010

    @mc: :D
    @Taglia: e pensare che a me i numeri pari non sono mai piaciuti… ;)

    So*

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  6. lindalov permalink
    settembre 25, 2010

    Questa foto è bellissima!

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