Corpi

2011 settembre 1

Nudi. Multiformi.

Se ne stavano sparpagliati sulla spiaggia, in piena luce. Nessuno cercava di coprirsi, né di chinarsi con più pudore. Più esattamente, non erano nudi, ma vestiti della propria pelle. Semplicemente corpi. Eretti, fieri. Tutti pressapoco simili e differenti per qualche piccolo dettaglio. L’acconciatura, la tonalità e la trama della pelle. Qualche donna aveva labbra più pronunciate di altre, il monte di venere più carnoso. Qualcuna mostrava una peluria fitta, qualcun’altra – me compresa – aveva preferito lasciare quella parte di pelle completamente spoglia. Tenera, priva di difese. Un po’ infantile nella sua innocenza, come se sperasse – e sapesse per certo – che anche così non le sarebbe successo nulla di male. C’erano bambini, anziani. Ragazzi anche, ma erano in pochi quelli che si scoprivano del tutto e che si muovevano con noncuranza, forse spaventati da quelle forme che cambiavano così in fretta. Gli uomini poi, non gareggiavano in dimensioni. Passeggiavano. Prendevano il sole. Giocavano con le racchette. Come tutti gli altri. Tutti uguali, tutti diversi. Tutti naturalmente sé stessi.

Io stavo in riva al mare, guardando i tatuaggi che a poco a poco cercavano di confondersi con la pelle sempre più scura. Di tanto in tanto facevo il bagno per rinfrescarmi in quell’acqua – così verde-azzurra, così pura – sentendo che quella libertà senza ostacoli che sentivo tra le gambe e su tutto il corpo era ogni volta una piccola resurrezione. Una presa di contatto – attraverso il fresco e il calore – con quel nocciolo e quel midollo che si nascondevano per la maggior parte del tempo sotto un abito che non calzava mai alla perfezione. Quando tornavo a riva i capezzoli svettavano come piccole promesse dai seni. Ma finalmente sentivo quello che erano: ghiandole. E cos’è ero io: istinti, voglie, carne. Che oscillavano quiete, dondolandosi a un respiro. Affondando i denti nella polpa di una pesca contadina, immegendomi in qualche pensiero sul futuro prossimo, perdendomi in qualche fantasia. Qualche volta, eccitata, ho avuto paura che l’immaginazione potesse lasciare una traccia più scura sull’asciugamano. Ma in fondo, cosa importava? Era la stessa acqua del mare.

E non c’era nessuna morbosità nel mio sguardo, così come nel loro. E nessuno si preoccupava del proprio aspetto, nessuno si guardava altrove, che non fossero gli occhi. Magari in solitudine, qualche silenziosa osservazione sfuggiva. Qualche timido confronto, qualche piccola invidia che si scioglieva presto.

Non come in Italia, dove sembrava che nessuno avesse mai visto una donna nuda. Dove dopo che innumervoli erano passati a squadrarci, a fotografarci anche, un tipo si era messo di fronte a me e alle mie amiche a pisciare, di profilo, così che potessimo vederne il getto zampillare un arco sugli scogli della spiaggia. Eravamo tanto stupite che solo dopo – quando ha iniziato a toccarsi – gli abbiamo urlato di andarsene. Buttavamo un sasso in mare ogni volta che qualcuno provasse ad avvicinarsi, e io avevo solo voglio di gridare: “se volete ve la faccio vedere meglio! Anche dentro!” sicura che li avrei umiliati. Succedeva a luglio.

Ma sembrava lontano, inconsistente. Come il resto. Come la sciocca idea di vestirsi, di cercare di uniformarsi, di aderire e far aderire la pelle a una qualche idea di bello, prendendosi forse gioco della natura, invece di godere di sé stessi e della vita, mostrandosi. Così come si è fatti. Corpi. Esseri umani.

Nudi. Multiformi.

Liberi.

Vivi.

Altri pensieri:

  1. Gordon permalink
    settembre 19, 2011

    Ho sempre avuto il terrore di spogliarmi in pubblico e nello stesso tempo ne sono attratto: un misto di eccitazione e pudore.
    Come comportarsi in caso di erezione fulminea e incontrollata? Come comportarsi di fronte alla meraviglia di un corpo nudo di donna, di molte donne?
    Come gestire l’improvviso desiderio di fare sesso?
    E ancora (paura adolescenziale, ma sempre paura): come reggere il confronto con le dimensioni degli altri peni?
    A tutto ciò rispondo tenendo il costume e nascondendomi, è triste, ma non so far diversamente…

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  2. settembre 20, 2011

    @Gordon: beh, credo che si chiami “naturismo” anche perché dev’essere fatto con naturalezza. Per quelle che sono le mie esperienze, non sembrava – almeno all’estero, dove secondo me si pratica più correttamente, mentre in Italia è più facile incontrare “guardoni” – che gli uomini facessero confronti sulle dimensioni, né si eccitassero particolarmente alla vista di molte donne nude… era “normale”, per così dire, anche se “normale” di solito è avere i vestiti addosso… ma siamo nati nudi… certo, immaginare la cosa potrebbe essere molto più eccitante che viverla, si possono immaginare molte situazioni erotiche in un contesto del genere. Ma dove si fa naturismo non è l’erotismo che prevale, piuttosto un personale senso di libertà ;) forse ci vuole un po’ di tempo per abituarsi, e quando si capisce che gli altri, svestiti, vicino a te, sono a proprio agio, ci si sente così di conseguenza. Chiaramente questo è il mio parere :) )))

    So*

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